Il motocross è cambiato, non possiamo nasconderci, dalle moto, ai tracciati, alle capacità tecniche dei piloti. Altre evoluzioni sono all’orizzonte soprattutto per i mezzi meccanici e dal canto loro i tracciati si devono adeguare.
Foto: Daniele Barreca e Giammatraxx
Gianmarco Morelli è uno del circus che vive in prima persona questo cambiamento, da anni modella con il tocco della ruspa le piste su e giù per lo stivale arrivando a lavorare anche per Infront nelle piste del Mondiale MXGP.
L’idea di fare due chiacchiere con Giamma è arrivata dopo il GP di Svezia a Uddevalla, dove non pochi piloti si sono lamentati di come era stato preparato il circuito la domenica, che praticamente non permetteva di effettuare sorpassi.
Ciao Giamma, tu che hai lavorato a stretto contatto con Infront e lo staff del FIM Motocross World Championship, cosa ci puoi dire delle lamentele post GP di Svezia?
“Partiamo dal presupposto che non sono stato in Svezia quest’anno; quindi, quello che penso non può essere la verità assoluta, ma solo una linea teorica ed un punto di vista che, avendo vissuto quelle situazioni, posso avere in maniera un po’ più mirata rispetto ai telespettatori. So che in Svezia ha piovuto abbastanza, quindi per forza di cose il terreno si è appesantito. Quando le previsioni danno pioggia si cerca di preparare nei limiti de possibile il tracciato in modo che le precipitazioni facciano meno “danno” possibile. Le variabili sono infinite. La quantità di acqua, il tipo di terreno, i mezzi a disposizione, le pendenze più o meno difficili da sistemare… insomma non si possono fare i miracoli. Non penso ci si possa lamentare per una pista diventata mono traiettoria a causa della pioggia… e anche i piloti molto spesso vedono la situazione solo dal loro punto di vista, senza capire le nostre ragioni da track builder. È probabilmente per questo che le piste più difficili da lavorare sono quelle vecchio stile. Per noi sono più dispersive, ci vuole più tempo per passare da una parte all’altra del tracciato e le salite e discese, se bagnate, diventano problematiche anche per i cingoli. Senza parlare di “fantasia” che ti permette di creare cose nuove per offrire più possibilità di cambi traiettoria.
Faccio un esempio. Ricordo bene il GP di Russia 2019. Ci furono molte lamentele sui social per la pista esageratamente dura, nonostante il tracciato, secondo me, fosse molto bello. Ovviamente dal divano non si possono sapere le reali condizioni in pista, ma quando ho spiegato a qualcuno che il sole sorgeva alle 4.30 del mattino e tramontava alle 22 della sera, con oltre 30 gradi e vento a 40km/h su un terreno puramente argilloso, qualcuno ha capito e si è ricreduto…
Potremmo parlare per ore di questo argomento, spero in poche parole di aver reso l’idea.”
Durante il vostro lavoro nei fine settimana del GP i piloti vengono a chiedere spiegazioni o a darvi consigli su come intervenire?
“Può capitare. Succede che il pilota mentre passeggia in pista mentre lavoriamo ci ferma e ci fa notare qualche punto critico se effettivamente c’è, ma capita raramente. Più spesso invece siamo noi che chiediamo ai piloti il loro parere. Poi è ovvio che non possiamo ascoltare e accontentare tutti, ma da quello che raccogliamo cerchiamo di tirare una linea più o meno comune, insieme al nostro punto di vista per sicurezza (al primo posto) e spettacolo e cerchiamo di metterla in pratica.”
Secondo te con le prestazioni delle moto attuali sarebbe pensabile correre su piste degli anni 90?
“Non posso dare una risposta precisa. Bisogna analizzare pista per pista. In linea generale ci sono sempre da fare degli adattamenti per una gara di questo livello. La prima cosa che si guarda è la sicurezza, quindi rallentare il tracciato. E come si fa? Se un impianto è fisso non si può far altro che inserire qualche elemento tipo gobbe, Waves, fare le rampe dei salti un po’ più dritte. La potenza delle attuali 450 insieme alle prestazioni eccezionali delle sospensioni ci rendono il lavoro molto difficile. Qualunque cosa si faccia queste moto sono dei proiettili ed in pochissimo spazio prendono troppa velocità. E sembra assurdo, ma se il salto è troppo facile può diventare pericoloso perché i piloti scrubbano tanto, ed è capitato più di una volta l’errore in questa situazione. Oppure che qualcuno rimanga appeso al gas e atterri lunghissimo, vedi Bobrishev a Mantova 2020 quando saltò 44 metri sul panettone prima dell’arrivo.”
Un’ultima domanda sul ritorno di Arsago Seprio e del mitico Fast Cross, che lavoro hai dovuto fare su un tracciato fermo dal 2000?
“Al di là del grandissimo lavoro di Fabio Tognella di bonifica del terreno con la rimozione degli alberi morti in accordo con il Parco del Ticino e di tutte le gomme gialle che erano una delle cose che più ricordano il FastCross, abbiamo ricostruito una pista cercando di mantenere il più possibile la storicità del tracciato. Dalla partenza dove si faceva l’1 contro 1 ora non si va più direttamente sulla collina del coraggio per forza di cose, ma è stata creata una discesa, un tornante ed una nuova salita in modo da non portare i piloti direttamente dallo start al primo salto. A parte questo, la zona bassa, dei saliscendi e della sabbia sono rimaste più o meno uguali, con gli ovvi adeguamenti ai regolamenti attuali e alle moto dei giorni nostri, mentre la zona alta ha subito modifiche un po’ più importanti ma mantenendo, secondo noi e secondo chi l’ha provata, un buon livello di spettacolarità, obiettivo principale di questo lavoro. La pista è comunque in evoluzione; il FastCross del 2 settembre presenterà una pista in versione ridotta che sarà più un supermotocross, poi ci sarà la versione estesa (quella già vista in alcuni video, tipo quello che ho caricato sul mio canale YouTube Giammatraxx con David Philippaerts) e un’altra versione ancora con i due salti storici sui due tunnel e le whoops, che verrà presentata nei prossimi anni.”